Le premiazioni di Papa Francesco e le non chiese di Mario Botta

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Oggi Papa Francesco, che dialoga con il mondo come se il mondo fosse sullo stesso livello della Chiesa (o forse più in basso, visto che dal mondo si fa guidare), ha conferito nella Sala Clementina del Palazzo vaticano il Premio Ratzinger all’architetto svizzero Mario Botta e alla teologa tedesca Marianne Schlosser, così, ancora una volta, ha dimostrato la sua incompatibilità con la realtà della Chiesa di Cristo e il suo amore per le linee guida del mondo contemporaneo, sempre più lontane da Dio.

Francesco ha dichiarato che il Papa emerito «è uno spirito che guarda con consapevolezza e con coraggio ai problemi del nostro tempo, e sa attingere dall’ascolto della Scrittura nella tradizione viva della Chiesa la sapienza necessaria per un dialogo costruttivo con la cultura di oggi» e che il premio ottenuto dalla teologa tedesca è la dimostrazione di come «venga riconosciuto sempre di più l’apporto femminile nel campo della ricerca teologica scientifica e dell’insegnamento della teologia, a lungo considerati territori quasi esclusivi del clero», inoltre il riconoscimento tributato alla Schlosser è «molto importante» in quanto l’apporto delle donne nella teologia deve essere «incoraggiato e trovi spazio più ampio, coerentemente con il crescere della presenza femminile nei diversi campi di responsabilità della Chiesa, in particolare, e non solo nel campo culturale». Il femminismo, con il suo bagaglio di nefaste conseguenze per l’equilibrio personale, familiare, sociale, con il suo peso di dolore e di inquietudine e schizofrenia che grava sulla civiltà contemporanea, entra con orgoglio nella Chiesa.

«La Verità», provocazione sulle fake news, è il titolo del nuovo singolo di Vasco Rossi, da ieri in radio e disponibile su vinile dal 23 novembre, e milioni di persone sono pronte ad ascoltarla questa canzonettistica verità; mentre La Verità di Cristo, scritta nel Vangelo, tramandata di generazione in generazione dalla Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica e Romana nessuno la ripropone più per quello che è, neppure il Papa.

Ma parliamo dell’archistar Mario Botta.

La sua architettura, influenzata da Le Corbusier, Carlo Scarpa e Louis Kahn, è pragmatica, geometrica fino all’esasperazione, per nulla intimista, spirituale e men che meno sacra. I suoi progetti sono volumi puri, tagliati e traforati da grandi spaccature, tra i quali gli edifici a cilindro tronco che trovano la prima realizzazione nella chiesa di San Giovanni Battista a Mogno e il successivo sviluppo nella Cattedrale di Évry, presso Parigi. Questo architetto che compete per notorietà mondiale con Renzo Piano, si è occupato di case unifamiliari, scuole, banche, edifici amministrativi, biblioteche, musei e di edifici di culto, un culto che cattolico non è e non lo sarà mai. I suoi sono templi commerciali, per i quali vanno in visibilio critici d’arte contemporanei che fanno dell’arte un mercato; ma che il fedele, di fronte ad essi, non può che raggelarsi, turbarsi e allontanarsi il più possibile, a meno che non sia un apostata.

Considerato un rappresentante di quella che viene talvolta chiamata la scuola ticinese di architettura, nel 1996, Botta è stato tra i fondatori dell’Accademia di architettura di Mendrisio. Le sue chiese non sono chiese, bensì cubi, parallelepipedi, ciminiere, come «Il Sacro Volto» di Torino.

Le commissioni della CEI prediligono progetti avveniristici, fantascientifici, svincolati dall’Arte Sacra di sempre. Le chiese costruite da Renzo Piano, Mario Botta, Richard Meier e Massimiliano Fuksas, nel solco modernista tracciato da Le Corbusier, che propose l’arte brutalista, sono diventate riferimenti imprescindibili della committenza ecclesiastica odierna. Un degrado architettonico tragico che non fa che rendere plasticamente evidente la miseria e la freddezza teologica dei nostri tempi, dimentichi della dottrina e del catechismo. Il Modernismo filosofico-teologico-ecclesiastico ha “dialogato” al modernismo architettonico-artistico per poi convolare a nozze.

«Il vaut mieux, estime-t-il, s’adresser à des hommes de génie sans la foi qu’à des croyants sans talent» («Meglio un genio senza fede che un credente privo di talento»)[1] sentenziava padre Marie-Alain Couturier O.P. (1897-1954), uno dei principali teorici del rinnovamento dell’arte sacra in Francia. Estimatore dell’architetto Le Corbusier, lo chiamò e sorse Notre-Dame du Haut, una chiesa situata a Ronchamp, presso Belfort, realizzata secondo i canoni dell’architettura brutalista; non pago, lo interpellò anche a La Tourette, dove Le Corbousier progettò il convento domenicano – simile ad una gelida sede aziendale – di Santa Maria. Sapeva, padre Couturier, che questi geni “senza fede” erano seguaci di altre religioni antagoniste al Cattolicesimo? Progettata già nel 1950, la prima pietra di quello che sarà il prototipo delle chiese postconciliari, fu ultimata nel 1955.

Le chiese non sono semplici luoghi di riunione per pregare, ma dimore di Dio, Bene Sommo, Bellezza Somma, Pienezza Somma; ma le Sue dimore vengono da alcuni decenni progettate, il più delle volte, con parametri più inclini al brutto che al bello, al vuoto piuttosto che alla pienezza, in una ricerca aniconica, ovvero non figurativa, anziché iconica, rifiutando in tal senso la corrispondenza formale della rappresentazione con l’oggetto reale che deve essere rappresentato, simboleggiante le realtà divine.

Le chiese antiche rimangono chiese per sempre, quelle moderne neppure per l’età contemporanea, improprie come sono ad accogliere celebrazioni sacramentali, bensì meglio predisposte ad ospitare conferenze, biblioteche, palestre, garage, showroom… e queste costruzioni rovinano anche i paesaggi urbani ed extraurbani e tutti se ne avvedono, esclusi coloro che le impongono ideologicamente come fa Mario Botta, che progetta non per la Gloria di Dio e per  beneficiare le anime, bensì per la sua gloria terrena, come si può osservare qui oppure negli esempi che qui proponiamo, raccolti dal suo premiato repertorio incultuale.

 

“chiesa” de Il Santo Volto – Torino

 

Interno de Il Santo Volto – Torino

 

“chiesa” e centro pastorale Giovanni XXIII – Seriate (Bergamo)

 

“chiesa” San Giovanni Battista, Mogno (Svizzera)

 

Interno della “chiesa” di San Giovanni Battista – Mogno (Svizzera)

 

“cappella” di Santa Maria degli Angeli a Monte Tamaro (Svizzera)

 

“chiesa” Beato Odorico da Pordenone – Pordenone

 

[1] S. de Lavergne, Art sacré et modernité. Les grandes années de la revue “L’Art Sacré”, Cessius, Paris 1999, p. 29.

 

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6 commenti su “Le premiazioni di Papa Francesco e le non chiese di Mario Botta”

  1. Concetto Baronessa

    Che cosa hanno di strano le architetture di Mario Botta? Ho visto qualcosa che mi pare una centrale elettrica; poi una sorta di scompartimento di treno e infine una specie di pannello per captare i raggi del sole. Perché ce l’avete con lui? Se mai, c’è da chiedersi perché il premio gli debba essere assegnato dal Papa. Il Papa si intende di architettura industriale? Però, forse c’era anche qualcosa che richiamava il sacro: mi pare di avere ravvisato una sorta di Budda con le orecchie a sventola.

  2. È molto difficile capire perché le chiese cristiane si siano adeguate a seguire i dettami dell’architettura moderna. Le fantasie iperboliche di questa architettura, governata dal principio “dell’arte per l’arte”, cioè la “liberazione” da qualsivoglia regola estetica o filosofica o religiosa, per seguire un fantomatico principio ispiratore che, per il solo fatto di essere libero, ovvero senza alcuna regola o legge, farebbe emergere dal profondo misterioso ed inconoscibile la vera arte, un’arte che sarebbe l’immagine dell’assoluto, quindi di una realtà che prima era nascosta dalle regole, dai “pregiudizi”, la rivelazione “mistica” di una realtà che dovrebbe travalicare ogni fede filosofica, scientifica e religiosa. Tutta questa esplosione, guidata e protetta solo dalla libertà, partorisce opere miserabili. Prima di arrivare a questo esito mortale la Chiesa aveva avuto una stagione in cui si sognò di tornare allo spirito del medioevo. Si veda a questo proposito:
    http://www.lacrimae-rerum.it/documents/0-CECILIOARPESANI.pdf. Il tentativo era viziato da una nostalgica ed irrealizzabile visione della storia. Ma almeno garantì la presenza di chiese che rispettavamo le basi dell’anima cristiana. La distruzione della civiltà europea nel bagno di sangue della prima guerra mondiale spinse la Chiesa ad accettare l’architettura uscita da quella guerra, con il suggello definitivo della seconda guerra.
    http://www.lacrimae-rerum.it/documents/0-LR-InfluenzadellaCIAnellosviluppodell.pdf
    Ci sono state chiese disastrose per la fede, ma la Chiesa ha continuato a seguire la strada dell’appiattimento sul modernismo. Il caso più clamoroso è la nuova chiesa dedicata a Pdree Pio:
    http://www.lacrimae-rerum.it/documents/0-LanuovachiesadedicataaPadrePio.pdf
    Nessuna attenzione è stata dedicata ai tentativi di uscire dalla schiavitù del modernismo:
    http://www.lacrimae-rerum.it/documents/Tornare-all-architettura-Vol-2.pdf “Gaudì e Callego costruttori di chiese” La Chiesa non si è accorta che la gente non ha nessun entusiasmo per l’arte moderna? La gente si entusiasma dei prodigi della tecnica, si entusiasma anche della forma assunta da questi prodigi, ma quando si tratta di pregare, cioè di tentare un contatto con l’eternità, allora si preferiscono forme tradizionali, fuori dalle mode.

  3. Tempo addietro trovandomi a Torino (non è la mia città) e facendo un giro a caso sono capitato alla Chiesa del Santo Volto, di cui non conoscevo l’esistenza. Solo per capire che è una chiesa sono stato a pensarci 10 minuti buoni; non ho osato entrare. Poi mi sono informato ed ho scoperto che è costata la bellezza di 30 milioni di euro. Ma che il Vaticano, addirittura il Papa personalmente, abbia elogiato e premiato l’ideatore di un tale obbrobrio, è uno scandalo ancor maggiore. Più che la Casa di Dio sembra la casa del cornuto per antonomasia!

  4. caro SANDRO1955, non conoscevo questa chiesa del Santo Volto di cui lei parla. Sono andato a cercarla in internet e debbo riconoscere che è un’opera infame, una bestemmia in muratura. L’architettura rivela sempre lo spirito del progettista, di chi approva, di chi finanzia. Basta guardare queste opere per capire l’abisso in cui è precipitata la Chiesa cristiana e quella cattolica in particolare, ma soprattutto i molti cristiani particolarmente ansiosi di stare nel mondo ed essere lodati dal mondo..

  5. Mi sento obbligato a fare un confronto tra i cristiani attuali ed i fedeli dell’Islam. Noi cominciamo col dire che non condividono i nostri valori. Per fortuna loro e nostra. Nelle esibizioni televisive siamo perseguitati oltre la noia da verbali professioni di fede cristiana. Loro pregano per strada, nelle cantine, in qualsiasi luogo e sono orgogliosi della loro fede. Noi ci vergogniamo della nostra fede e cerchiamo in ogni modo di mimetizzarne certi aspetti. Probabilmente loro si lasciano indottrinare e convincere a seguire chi incita all’odio contro noi cristiani. Ma è indubbio che i cristiani preferiscono arricchirsi con il loro lavoro piuttosto che mettere qualche paletto, come ad esempio stabilire il principio di reciprocità: niente chiese nei paesi arabi, niente moschee nei paesi cristiani. Ma per carità, se ci dessero il permesso, non prendiamo i progetti delle nostre archistar. Termino con il consiglio di cercare le antiche chiese armene che qualche ricco benefattore costruisce anche oggi in quelle tormentate terre. Infine il consiglio di una lettura lunga e difficile:
    http://www.lacrimae-rerum.it/documents/a-dispetto-del-trionfo-ufficiale-dell-ateismo.pdf

  6. Orride!
    Case di Dio quelle? Templi del Signore? Ma se sono repellenti!
    Non penso proprio che il Signore sia contento di abitarvi dentro.
    Tutte da demolire perché non ne resti pietra su pietra.
    Dio ha messo nell’anima dell’uomo il Suo spirito di bellezza, arte e armonia.
    Chi costruisce quegli orrori non ha il Signore dentro, ma il perfido antagonista.
    E peggio ancora chi le commissiona, le esalta, le paga anche con l’8xmille … e le benedice!
    VERGOGNA!!!

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