Lettera al Direttore di Luca Gori

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Egregio Direttore,

La contatto nuovamente, perché vorrei conoscere il Suo parere sull’accoglienza degli immigrati, che è un tema importante e attuale!

Io penso, che sia giusto e doveroso accoglierli; nello stesso tempo, però, penso anche che dobbiamo a tutti i costi cercare di rimanere nella Fede cristiana: non dobbiamo diventare musulmani. L’Europa deve conservare le sue radici!

Chi non accoglie gli altri, ne risponderà davanti a Dio!!! I potenti dovranno rendere conto a Lui, di tutte le loro nefandezze e azioni scellerate!!! Gesù, infatti, ha detto: «ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me»[1]. E ancora: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me»[2].

Cordiali saluti e auguri per una serena e santa Pasqua!

Luca Gori

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Egregio Signor Gori,

il tema che Ella pone è particolarmente delicato, perché, come si evince anche dalla Sua cortese lettera, esso pare evidenziare un contrasto tra il dovere di carità verso tutti e, in particolare, nei confronti dello straniero e la necessità di impedire che l’immigrazione di massa travolga quel poco che rimane della civiltà cristiana. Occorre, quindi, mettere ordine nelle questioni e distinguere i vari piani.

Innanzitutto, è necessario chiarire che i doveri di giustizia precedono, sia logicamente che gerarchicamente quelli di carità e che questi ultimi debbono essere graduati secondo un ordine, vale a dire privilegiando sempre coloro verso i quali si hanno delle responsabilità, rispetto agli altri (qui). Chi ha responsabilità di governo non può, quindi, avere lo stesso atteggiamento nei confronti dei cittadini, che a lui, giustamente, si affidano e verso il resto dell’umanità.

Sul tema dell’immigrazione, poi, la Sacra Scrittura è molto chiara nel richiamare chi detiene un potere o un’autorità ad esercitare, prima di tutto, la virtù della prudenza.

«Non portare in casa qualsiasi persona, perché sono molte le insidie del fraudolento. Una pernice da richiamo in gabbia, tale il cuore del superbo; come una spia egli attende la tua caduta.  Cambiando il bene in male tende insidie, troverà difetti anche nelle cose migliori. Con una scintilla di fuoco si riempie il braciere, il peccatore sta in agguato per spargere sangue. Guàrdati dal malvagio, poiché egli il male prepara, che non contamini per sempre anche te. Ospita un estraneo, ti metterà sottosopra ogni cosa e ti renderà estraneo ai tuoi»[3].

L’accoglienza indiscriminata non è mai un bene, ma è sempre una mancanza di giustizia nei confronti delle persone che legittimamente abitano la «casa» e, a maggior ragione, lo Stato che, in questo modo dissennato, si è permesso che fosse invaso. Chiunque tolleri o, a maggior ragione, favorisca l’immigrazione clandestina, per definizione incontrollata, non compie atto di carità, ma atto di violenza contro la giustizia ed è moralmente responsabile di tutte le nefandezze che da tale scriteriato comportamento conseguono, sia nei confronti dei cittadini del Paese invaso, sia nei confronti dei clandestini stessi (ad esempio, qui). Occorre sempre grande equilibrio e grande discernimento nell’affrontare questi problemi, avendo sempre, come stella polare, i princìpi della morale cattolica, per non lasciarsi travolgere dalle mode politiche e gabellare il politicamente corretto come eticamente giusto (qui).

In prima approssimazione, il criterio da seguire è quello del rispetto delle regole vigenti, salvo, poi, la possibilità di adeguarle alla situazione. È, quindi, necessario, innanzitutto, discriminare tra coloro che, in base alle norme attuali, hanno un “diritto” all’asilo, escludendo, in maniera particolarmente rigorosa, dall’ingresso nel nostro Paese coloro che tale “diritto” non hanno, perché, se non lo si facesse, si metterebbe colpevolmente a rischio la tranquillità e la stabilità di vita dei cittadini italiani e degli immigrati regolari, verso i quali le Autorità pubbliche hanno gravi doveri di giustizia. Tale vaglio, ovviamente, deve essere effettuato fuori dei confini nazionali, perché permettere l’ingresso in Italia ai clandestini, sia pure al solo fine di valutare la loro posizione, equivale a dare loro una posizione di ingiusto vantaggio e costringere lo Stato ad espellerli, una volta appurata l’irregolarità della loro permanenza sul territorio nazionale; si tratta di un’assurda inversione dell’onere della prova. Chiunque entri illegalmente nel territorio dello Stato deve essere considerato clandestino, fino a prova contraria. Anche nell’ipotesi che abbia “diritto” allo status di «rifugiato», ha, comunque, sempre compiuto un atto di violenza, per il solo fatto di non aver rispettato le norme che regolano gli ingressi nel nostro Paese; è, quindi, iniquo riconoscergli un vantaggio rispetto a chi tali norme ha osservato, attendendo presso i nostri consolati o le nostre ambasciate l’esito della richiesta di asilo.

Oltre al rispetto delle leggi vigenti, pare opportuno, viste le dimensioni del fenomeno migratorio, valutare una riforma delle stesse in senso restrittivo, onde evitare che il loro rispetto formale possa produrre l’effetto di un loro aggiramento sostanziale di massa; tale riforma si rende necessaria, per evitare che, nonostante l’osservanza formale delle norme, l’immigrazione divenga, di fatto, incontrollato ugualmente e che, quindi, possa arrecare gravi danni all’ordine pubblico ed alla civile convivenza.

Oltre tutto quanto detto, non va sottovalutato il problema che l’immigrazione islamica di massa può comportare per la nostra società (qui). I pericoli, cui Ella fa riferimento nel secondo capoverso della Sua cortese lettera, sono reali, in quanto l’afflusso, anche regolare, di popolazioni musulmane sul nostro territorio comporta dei rischi anche a lunga scadenza, come i maggiori attentati di matrice islamista avvenuti in Europa stanno a testimoniare.

Concludendo, è necessario ribadire come, sul problema immigrazione più ancora che su altri, la prudenza debba essere la stella polare del comportamento dei governanti, soprattutto in un momento come l’attuale.

 

[1] Mt 25,45.

[2] Mc 9,37.

[3] Sir 11,29-34.

 

 

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1 commento su “Lettera al Direttore di Luca Gori”

  1. Clamanti in molti nel deserto…Ma vedo che in questo tempo, si sta manifestando un tale rovesciamento di senso
    delle parole, (anche quelle della scrittura o delle sue interpretazioni), che è possibile ormai “usare” Matteo 25,45, o Marco 9,37, per nascondere gli inferni di sradicamento, di svuotamento e di menzogne, con le quali gonfiamo i gommoni delle torme di disperati che costringiamo alla fuga…Questi “altri”…ingannati, che scappano da guerre infami e senza senso, dalle depredazioni e dai traffici più osceni. E’ il male che rientra dal mare….Il nostro Male. Moltiplicato per il numero di disperati che facciamo fuggire dalle loro proprie realtà. Sta accadendo anche con la povertà…Si odono lingue così suadenti, così ingannevoli, che pur di vendere e vendere, stanno vestendo alla moda anche “Madonna Povertà”…per nascondere il sordido…Delle nostre miserie…Per corrodere fino alla fine, ogni più limpida Verità.

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