La Cappella della Sindone, con l’altare dell’architetto e ingegnere Antonio Bertola (1694), in una fotografia di Giovan Battista Maggi di fine Ottocento
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Quella drammatica notte Trematore non era in servizio. Dal balcone di casa però era impossibile non vedere l’altissima colonna di fumo che scuriva il cielo di Torino. Telefonò in caserma, gli dissero che stava bruciando il Duomo. Non gli diedero ordini, ma lui decise di andare ad aiutare chi era di turno. Gli si presentò una scena terribile: tutto crollava. Ma «era come se ci fosse qualcuno a guidarmi», racconterà ai giornalisti. Il pensiero era quello di salvare la Sacra Sindone, prese una mazza da cinque chili e iniziò a colpire la teca antiproiettile, anti tutto, che la proteggeva. «Non c’è una spiegazione logica. Di fronte al mistero, la ragione, la scienza umana, si arrendono. Sentivo di avere una forza che non era umana. Senza quella non ce l’avrei mai fatta». Da allora la sua vita è cambiata: una formazione cattolica la sua, ma era divenuto tiepido e quando avvenne il fatto era in ricerca di risposte, che arrivarono proprio quella notte…