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5 febbraio 251: Sant’Agata muore martirizzata a Catania per non abiurare la sua fede

 

Sant’Agata (San Giovanni Galermo, 8 settembre 229 / 235 – Catania, 5 febbraio 251) fu una giovane vissuta nel III secolo, durante il proconsolato di Quinziano. Dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa viene venerata come santa, vergine e martire. Il suo nome compare nel Martirologio da tempi antichissimi. È patrona di Catania, di Gallipoli, della Diocesi di Nardò-Gallipoli, della Repubblica di San Marino e Malta. Dopo la Vergine Maria, è una delle sette vergini e martiri ricordate nel canone della Messa. La festa in suo onore che ogni anno viene organizzata nella città di Catania è la terza festa religiosa più importante al mondo.

Agata è stata una delle martiri più venerate dell’antichità cristiana, fu messa a morte durante la persecuzione di Decio (249-251) a Catania, per non avere mai tradito la professione della sua Fede. La sua biografia menziona interrogatori, torture, una resistenza perseverante e la vittoria di una fede incrollabile, che nell’insieme sono uno dei primi esempi in assoluto della letteratura agiografica nel corso della storia della Chiesa. Il primo scritto pervenuto su di lei è una Passio risalente all’anno 1000, conservata alla Bibliothèque nationale de France, probabilmente realizzata ad Autun.

Nel periodo fra la fine del 250 e l’inizio del 251 il proconsole Quinziano, giunto alla sede di Catania anche con l’intento di far rispettare l’editto dell’imperatore Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede, mise in atto una feroce persecuzione. La tradizione riferisce che Agata fuggì con la famiglia a Palermo, alla Guilla, ma Quinziano li scovò e li fece tornare a Catania. Il punto che la giovane catanese attraversò per uscire da Palermo e tornare alla sua patria, oggi è detto Porta Sant’Agata. Quando la vide di presenza, Quinziano s’invaghì della giovinetta e, saputo della consacrazione, le ordinò, senza successo, di ripudiare la sua fede e adorare gli dèi pagani. La persecuzione era tragica a quel tempo:papa Fabiano era morto, ucciso, da più di un anno; la sede era vacante e il successore Cornelio venne eletto 14 mesi dopo il suo martirio.

Al rifiuto deciso di Agata di concedersi, il proconsole l’affidò per un mese alla custodia rieducativa della cortigiana Afrodisia e delle sue corrotte figlie allo scopo della corruzione morale di Agata, arrivando a tentare di trascinare la giovane catanese nei ritrovi dionisiaci. Tuttavia Agata uscì da quella lotta vittoriosa e più forte di prima, tanto da scoraggiare le sue stesse tentatrici, le quali rinunciarono all’impegno assunto, riconsegnando Agata a Quinziano, il quale diede avvio a un processo, convocando la giovane al palazzo pretorio. La tradizione ha tramandato i dialoghi tra il proconsole e la santa,|da cui si rileva come ella fosse edotta in dialettica e retorica.
Dakl processo al carcere alle torture e sevizie: fustigata e sottoposta al violento strappo dei seni, mediante delle tenaglie. Quella notte venne visitata da San Pietro, che la rassicurò portandole conforto e ne risanò miracolosamente le ferite. Infine venne sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. La notte seguente all’ultima violenza, il 5 febbraio 251, Agata spirò nella sua cella.
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Manoscritto miniato del martirio di Sant’Agata nel Códex Bodmer 127, ca. 1170/1200
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