Quando l’accoglienza diventa proselitismo

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Sono stati abbondantemente sviscerati, sui blog e nei siti della Tradizione, i motivi e le ragioni per cui i tecnocrati mondialisti tendono a promuovere ed incoraggiare l’immigrazione indiscriminata nell’Occidente ex-cristiano.

Sappiamo molto bene che l’invasione è pianificata, che lo sradicamento di uomini e donne dal proprio contesto culturale favorisce la creazione di schiavi, che il cosiddetto multiculturalismo erode le istituzioni tradizionali, come la famiglia, che la prevalenza statistica dell’immigrazione islamica distrugge sempre più le radici cristiane dell’Occidente. Tutto ciò lo sappiamo benissimo e nessuno, con un po’ di sale in zucca, può metterlo minimamente in discussione. Fatte queste necessarie premesse mi sembra però che il nostro mondo presenti carenze assai più evidenti nell’indicare soluzioni, o comunque linee guida, di carattere pratico. In altre parole: come ci dobbiamo comportare nella vita quotidiana con i nostri vicini di casa magrebini? Che atteggiamento dobbiamo tenere con i compagni di classe, gli allievi, il garzone del meccanico, il muratore che viene a farci lavori nell’appartamento ecc. quando costoro sono stranieri e musulmani?  Queste situazioni sono sempre più frequenti e purtroppo ineludibili.

Io penso che nei confronti di queste persone, spesso assolutamente inconsapevoli del ruolo imposto loro dal mondialismo, vada comunque mantenuto un atteggiamento benevolo e accogliente. Ma il termine “accoglienza” non va inteso, nell’accezione bergoglista, di accettazione acritica di ogni loro idea e posizione morale. Ovvero: occorre non nascondere assolutamente il fatto che noi siamo cristiani, che l’evangelizzazione è una dimensione insita nel Cristianesimo e che, in estrema sintesi «extra Ecclesia nulla salus».  Tutto ciò con modi gentili, prudenti, sorridenti, ma con fermezza ed estrema chiarezza. Dobbiamo far loro comprendere che per noi la Religione è una cosa seria e loro, non di rado, resteranno toccati da una simile testimonianza.

Un atteggiamento, al contrario, altero, respingente, isolante e apertamente discriminatorio finirà per rivelarsi arido e poco fruttuoso. Non dimentichiamo che gli islamici non conoscono, al di là dell’aggettivo di “misericordioso” attribuito ad Allah, la dimensione dell’Amore Divino e la virtù di Carità. Sono loro estranei anche i concetti di libero arbitrio, diritto naturale e retta ragione.

Non di rado però, per un senso puramente umano ed intuitivo, sono spesso affascinati dalla figura ieratica del Sacerdote, specialmente da coloro che vivono seriamente la Castità ecclesiastica, ed ammirano sinceramente alcune opere caritative cattoliche, delle quali, per altro, assai di frequente beneficiano in modo ampio.

Normalmente tendono altresì a considerare, non a torto, l’Occidente decaduto ed immorale. Nel momento in cui potessero, però, toccare con mano l’esistenza di una comunità autenticamente legata alla Tradizione, alla famiglia ed al rispetto dei ruoli, non è impossibile che qualche “interruttore” spirituale scatti in alcuni di loro.

Non dimentichiamo dunque che quando i barbari invasero l’Impero Romano, dopo le razzie e le predazioni, furono loro a convertirsi al Cristianesimo e non viceversa. Essi portarono anzi la vitalità e la freschezza che, unita alla filosofia classica, dette origine alla Cristianità Medievale. I tecnocrati del mondialismo, inoltre, potrebbero presto ricredersi delle loro strategie nel momento in cui dovessero constatare un numero di conversioni imprevisto ed impronosticato.

Forse qualche lettore mi darà del sognatore e del visionario. La situazione attuale tuttavia non ci dà alternative sul piano pratico. I rischi, sul piano puramente umano, sono altissimi in ogni caso. Tanto vale agire con intelligenza e comunque sempre pregare.

 

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