Il cane di Maometto

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Il 5 marzo 2019 sarà probabilmente ricordato come il giorno del primo episodio italiano di intolleranza islamica nei confronti di un cane guida per ciechi. Il fatto si è verificato vicino a Torino, su un autobus di linea diretto nel capoluogo subalpino. La vittima è stata una signora pensionata, che si è sentita pesantemente insultare e minacciare da un individuo di origine magrebina: «Quel cane deve scendere, altrimenti lo butto fuori io, io ho il sangue rosso arabo…».

Le tiepide reazioni degli organi di informazione, contrariamente a quanto solitamente avviene in situazioni analoghe in cui siano coinvolti albergatori, ristoratori o anche sacerdoti, ci fanno nettamente percepire l’obbligatorietà, in certi ambienti politicamente corretti, di un atteggiamento, quanto meno indulgente, verso i seguaci dell’Islam. Fa, dunque, piacere sapere di essere finalmente in Europa e di essere riusciti a recuperare il tempo perduto.

Già… perché episodi simili si sono verificati da parecchio tempo in Paesi più “evoluti” come Gran Bretagna o Scandinavia (qui). Anzi, a Londra, dove operano da tempo molti conducenti di mezzi pubblici stranieri, non è normalmente possibile, come, invece, è avvenuto a Torino, neppure cercare aiuto e protezione negli autisti. I disabili sono spesso spaventati da certe reazioni e, non di rado, sono portati a rinunciare al cane, un prezioso ausilio alla loro mobilità autonoma.

Ma cosa pensa davvero l’Islam dei cani?

Questi animali sono considerati impuri dalla maggioranza dei “teologi”[1] mussulmani. In realtà, tale convinzione non deriva direttamente dal testo coranico, quanto piuttosto dalla tradizione orale degli “hadith” del Profeta, raccolti nella Sunna, il secondo libro sacro dell’Islam.

Risulta di uso corrente, tanto per fare un esempio, l’espressione «cani infedeli», rivolta ai seguaci di altre religioni. Chi entra in contatto con questi animali, poi, dovrà, sempre secondo le prescrizioni del Profeta, purificarsi e lavare più volte gli oggetti da loro toccati. Non siamo, dunque, probabilmente ai livelli di impurità attribuiti ai maiali ma, in ogni caso, il contatto con i cani deve essere limitato o, meglio, evitato del tutto (cfr, ad esempio, qui).

Per fortuna, non tutti gli immigrati arabi residenti in Italia si dimostrano rigorosi su questo punto. L’esperienza quotidiana vissuta, però, nella mia Associazione[2] ci conferma un atteggiamento di diffusa diffidenza e paura, anche da parte dei medesimi non vedenti mussulmani, nei confronti dell’animale solitamente considerato il più fedele amico dell’uomo. Costoro, normalmente, omettono di far riferimento ad argomenti di natura religiosa, ma tendono, comunque, ad accampare piuttosto ragioni di ordine sanitario, igienico o vagamente di insofferenza personale.

Certo non stiamo, dunque, parlando del problema più grande relativo alla forzata convivenza fra cristiani e mussulmani in Occidente, ma anche questi aspetti, apparentemente secondari, accanto a molti altri, hanno un loro oggettivo valore e meriterebbero di essere approfonditi, in quanto capaci di far meglio comprendere la questione, poiché, uniti agli altri, contribuiscono ad illuminare il quadro d’insieme.

 

[1] Il termine «teologo» viene qui usato in modo analogico, nel senso di «esegeta del Corano», di «giurisperito islamico» e, più in generale, di «cultore del “pensiero” musulmano», poiché, stricto jure, almeno per quanto concerne l’Islam sunnita e buona parte quello sciita, la teologia (dal greco Θεός [Theòs] = Dio e λόγος [logos] = parola, discorso, ragionamento), nel senso di indagine razionale su Dio, è rigorosamente vietata, come l’atto di presunzione dell’uomo che voglia comprendere l’infinità di Dio; per l’Islam, l’essenza e la natura divine sono e debbono rimanere una parete nera, poiché di Dio si può conoscere solo quanto Egli ci comanda: di fatto, la religione di Maometto è, unicamente, un insieme di precetti.

[2] L’Autore è Presidente dell’Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti (A.P.R.I.-onlus). www.ipovedenti.it – Tel.  360 77.19.93. NdR.

 

 

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1 commento su “Il cane di Maometto”

  1. L’episodio accaduto è gravissimo, ed è quindi pericolosissima quella “MODESTA” intolleranza.
    E’ INDISPENSABILE TENERE SEMPRE PRESENTE NELLA NOSTRA MENTE E SOPRATUTTO NEL NOSTRO CUORE CHE IL MALE PEGGIORE NON ENTRA DI COLPO NELLA VITA UMANA, MA ENTRA; COME HA SEMPRE FATTO, IN MANIERA SUBDOLA, STRISCIANTE…
    E piano piano soffoca e distrugge il BENE VERO, senza che l’uomo “normale” se ne accorga.
    Basta riflettere a come sono state ridotte la Chiesa e la famiglia, i due pilastri FONDAMENTALI della Umanità…

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