Il “fuoco d’amore” di Bartolucci, Papini, Giuliotti

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Ho qui sul tavolo due libri regalatomi, nel 1989, dall’allora Maestro Domenico Bartolucci (Borgo San Lorenzo 1917 – Roma 2013) creato, poi, nel Conclave del 2010, Cardinale da Papa Benedetto XVI che del Maestro mugellano fu, oltre che grande estimatore, amico. Il primo libro, rarissimo, è di Monsignor Emilio Cesbron, I Martiri di Laval (Tipografia Luigi Guanella – Roma 1955), in cui Cesbron, già Vicario Generale di Laval narra «La storia del loro Martirio ed è senza dubbio una delle più commuoventi pagine offerte dalla Chiesa di Francia a testimonianza della sua fedeltà alla Fede e particolarmente alla Sede Apostolica». Fu anche grazie a questo libro, che è un’accurata indagine storica, che furono elevati alla gloria degli altari questi Martiri del Terrore rivoluzionario.

L’altro libro, che ebbi l’onore di ricevere dalle mani del Presule è un “classico” della letteratura italiana che già possedevo e che ben conoscevo, ma l’edizione che mi regalò il Maestro Bartolucci era addirittura la prima edizione del Dizionario dell’Omo Selvatico (Vallecchi, Firenze 1923) scritto a quattro mani da Domenico Giuliotti e da Giovanni Papini,  subito dopo la conversione di quest’ultimo che, come ognun sa, fu non solo “ateo militante”, ma feroce anticlericale… al pari dello stesso Domenico Giuliotti, che nacque nel Socialismo rivoluzionario, ma che, poi, si convertirà, avvinto dalla bellezza della Chiesa e dal francescanesimo: «Le cause delle disgrazie della vita moderna – scriverà il Giuliotti – sono l’aver spento o tentato di spengere la Luce che esce dalle pagine del Vangelo tentando di sostituirlo con i Lumi del Secolo che furono poi  le fiamme dei castelli bruciati e i fuochi delle guerre che ancora non sono spenti né si potranno spengere finché non si ritorni a quel fuoco che Gesù era venuto a mettere in terra». Quel fuoco che “consumò” anche Giovanni Papini quando, rinnegando tutto il suo passato, dette alla luce quella meravigliosa Storia di Cristo che “sconvolse” il Mondo d’allora.

Anche il Maestro Bartolucci era preso da quel “fuoco d’amore” che incendiò gli animi di Papini e di Giuliotti, cattolico intransigente quest’ultimo, anzi, «il Cattolico belva» come fu chiamato allora, quel Giuliotti a cui si devono le più belle opere del Novecento per quanto riguarda la spiritualità e la difesa della Fede e la “scoperta” o ri -scoperta di autori francesi come De Maistre, Hello, Bloy, Barbey d’Aurevilly e anche dell’italiano Jacopone da Todi.

Lo stesso Bartolucci fu un “cattolico intransigente”, fedele alla Tradizione tanto che, dopo il Concilio, non celebrò mai la “nuova Messa” riformata, ma rimase sempre fedele al vecchio “Rito Tridentino”, la “nostra Messa”, la “Messa di sempre” come lui la definiva.

Domenico, dal latino Dominus, Signore, Padrone, e i due Domenici, il Giuliotti, l’uomo di Greve e il Bartolucci, l’uomo del Mugello, erano davvero due “Signori di vecchio stampo” e dovevano per forza incontrarsi. L’incontro tra i due, il grande scrittore e il grande musicista, avvenne nel 1947, allorché il sessantenne Domenico Giuliotti chiese all’altro Domenico, il Bartolucci, di musicare l’inno, da lui composto, del Congresso Eucaristico che si tenne a Greve.

Domenico Giuliotti era non solo un celebre scrittore “sanguigno”, ma anche un delicato poeta per cui quei suoi versi sublimi e di una dolcezza infinita, affidati alla Musica di Domenico Bartolucci, fecero di quell’Inno Eucaristico un vero capolavoro, una laude che è stata cantata per tanto tempo in tutte le chiese d’Italia, e non solo d’Italia. Siamo certi di far cosa gradita riportando quest’Inno integralmente, ripreso dal libro di Domenico Giuliotti, Scampoli di un Malpensante.

 

INNO EUCARISTICO

 (scritto in occasione del Congresso Eucaritico tenutosi a Greve nel maggio del 1947 e che fu musicato dal Maestro Domenico Bartolucci)

 

In Te credo Dio nascosto

A cui salgon preci e incensi

Te non trovo coi miei sensi,

ma il Tuo verbo è verità.

Tanto il sole che le stelle

Passeranno Tu non già.

 

Tu sei qui, Figlio dell’Uomo

Tu che calchi e stelle e soli,

Sei pur dentro ai nostri cuori

Incarnata Deità

Tanto il sole etc.

Se abbiam fame ecco Te cibo,

Se abbiam sete ecco Te fonte.

Ogni pane od acqua o vino,

fuor che in Te sapor non ha:

Tanto il sole etc.

 

Bianco disco immacolato,

Rutilante amore eterno,

Sperda l’ombre dell’inferno

La tua Santa chiarità.

Tanto il sole etc.

 

Una laude cara al “popolo di Dio” che, messa a confronto con gli attuali “ballabili”, fa pensare al patrimonio artistico e culturale che abbiamo perso… da allora!

 

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