Santa Edith Stein

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Il sangue per la Fede, speranza di una nuova Europa

Rubrica a cura di Arduinus Rex

Edith Stein nacque a Breslavia, nella Slesia tedesca, il 12 ottobre 1891, undicesima figlia di una coppia di ebrei molto religiosa. Fin dall’infanzia Edith manifestò un’intelligenza vivace e brillante, che nell’adolescenza la porta ad una visione razionalistica da cui deriverà il distacco dalla religione. Subito dopo gli esami di maturità, nel 1911, s’iscrisse alla facoltà di Germanistica, Storia e Psicologia dell’università di Breslavia.

In questo periodo scoprì la corrente fenomenologica di Edmund Husserl (1859-1938) e nel 1913 si trasferì all’università di Gottinga per seguirne le lezioni. Fra i due possibili esiti della fenomenologia, quello idealista e quello realista, Husserl sceglierà la strada dell’idealismo, mentre Edith Stein — come afferma Papa Giovanni Paolo II nel motu proprio del 1° ottobre 1999, in cui la proclama compatrona d’Europa insieme a santa Brigida di Svezia e a santa Caterina da Siena—, […] avviatasi sulla strada della corrente fenomenologica, […] seppe cogliervi l’istanza di una realtà oggettiva che, lungi dal risolversi nel soggetto, ne precede e misura la conoscenza, e va dunque esaminata con un rigoroso sforzo di obbiettività”.
A Gottinga incontrò il filosofo Max Scheler, convertito al cattolicesimo, e il filosofo del diritto Adolf Reinach, protestante, entrando quindi in contatto con un mondo che ne scuote i pregiudizi razionalistici. Non si precluse a questi stimoli culturali ma, vera amante della sapienza, accettò la fatica della ricerca e del “pellegrinaggio” esistenziale, per cui è ricordata dallo stesso Papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio, circa i rapporti tra fede e ragione, del 1998. Nel 1915 prestò servizio come crocerossina volontaria all’ospedale di malattie infettive di Mahrisch-Weisskirchen, e nel 1916 discusse la dissertazione di laurea su Il problema dell’empatia all’università di Friburgo in Brisgovia, dove aveva seguito Husserl come assistente. Gli anni dal 1916 all’estate del 1921, momento della sua conversione al cattolicesimo, sono segnati dall’approfondirsi della crisi interiore. Il padre gesuita Erich Przywara racconta che Edith gli confidò di aver trovato, quando ancora era atea, una copia degli esercizi di sant’Ignazio di Loyola e di averne seguito le indicazioni da sola, uscendone, dopo i trenta giorni, decisa a convertirsi. Sarà però la lettura della Vita di santa Teresa d’Avila a porre fine alla sua ricerca, facendole compiere l’esperienza della verità a seguito della quale chiese il battesimo e la cresima, che riceverà nel 1922.

Nel motu proprio citato, Papa Giovanni Paolo II ricorda che “l’incontro col cristianesimo non la portò a ripudiare le sue radici ebraiche, ma piuttosto gliele fece riscoprire in pienezza. Questo tuttavia non le risparmiò l’incomprensione da parte dei suoi famigliari. Soprattutto le procurò un dolore indicibile il dissenso della madre. In realtà tutto il suo cammino di perfezione cristiana si svolse all’insegna non solo della solidarietà umana con il suo popolo d’origine, ma anche di una vera condivisione spirituale con la vocazione dei figli di Abramo, segnati dal mistero della chiamata e dei doni irrevocabili di Dio (cfr. Rm. 11, 29)”. Edith, dunque, si separò dalla cultura della sua famiglia solo per farla propria a un livello più profondo.

Dopo la conversione, seguì l’invito di padre Przywara a occuparsi in modo sistematico della dottrina e dell’opera di san Tommaso d’Aquino, di cui tradurrà in tedesco le Questioni sulla verità. L’incontro con i mistici la orientò verso la vita contemplativa nell’ordine carmelitano; potrà tuttavia realizzare la propria vocazione solo nel 1933 quando, allontanata dall’insegnamento dall’introduzione delle leggi razziali di Norimberga, non sarà più trattenuta dal suo padre spirituale, dom Raphael Walzer O.S.B., arciabate di Beuron, che aveva voluto mettesse a frutto, come docente, le sue grandi capacità intellettuali. L’incontro con san Tommaso l’indusse al tentativo di applicare il metodo fenomenologico al tomismo: nel 1932 abbozzò il grande studio Atto e potenza e lasciò la scuola domenicana di Spira per dedicarsi agli studi filosofici e per insegnare all’Istituto Superiore di Pedagogia Scientifica di Münster. In quegli anni scrisse, studiò e svolse un’intensa attività di conferenziera su temi filosofici e pedagogici e, in modo particolare, sulla questione femminile, impegnandosi per la promozione umana e sociale della donna. L’attività d’insegnante terminò nel 1933, quando, il 14 ottobre, fece l’ingresso nel Carmelo di Koln-Lindenthal, dove, il Venerdì di Passione dello stesso anno, aveva intuito il suo destino: “Mi rivolsi al Redentore — si legge nella biografia scritta da Teresia Renata de Spiritu Sancto — e gli dissi che sapevo bene che era la sua croce che veniva posta in quel momento sulle spalle del popolo ebraico; la maggior parte di esso non lo comprendeva, ma quelli che avevano la grazia d’intenderlo, avrebbero dovuto accettarla con pienezza di volontà a nome di tutti. Mi sentivo pronta e domandavo soltanto al Signore che mi facesse vedere come dovevo farlo. Terminata l’Ora Santa ebbi l’intima certezza di essere stata esaudita, sebbene non sapessi ancora in cosa consistesse quella croce che mi veniva imposta”.

Il 15 aprile 1934 Edith Stein vestì l’abito carmelitano, aggiungendo al nome di battesimo Teresa quello di Benedetta della Croce. In convento proseguì l’attività di studio, ampliando lo scritto d’abilitazione alla docenza, Atto e potenza, nel tentativo di unire il tomismo con la fenomenologia, e concludendolo nel 1936 con il titolo Essere finito ed essere eterno.

Il 14 marzo 1937 Papa Pio XI pubblicava l’enciclica Mit brennender Sorge, sulla situazione della Chiesa cattolica nel Reich germanico, in cui il nazionalsocialismo veniva definito come dottrina neo-pagana che eleva la razza e lo Stato a norma suprema, sostituisce alla Provvidenza un fato impersonale e falsifica l’ordine voluto da Dio. Proibito in Germania, il documento, dopo la lettura datane nelle chiese il 21 marzo 1937, ebbe a circolare solo clandestinamente. Dopo le manifestazioni antisemitiche della notte fra l’8 e il 9 novembre 1938 — la Notte dei Cristalli —, Edith venne trasferita al Carmelo di Echt, in Olanda, paese neutrale, e fu raggiunta dalla sorella Rosa, anch’essa convertitasi al cattolicesimo. La priora le affidò la stesura di un’opera sulla vita e sull’insegnamento di san Giovanni della Croce, Scientia crucis. Studio su san Giovanni della Croce, rimasta incompiuta a causa dell’arresto e della deportazione.

Ancor prima dello scoppio della seconda guerra mondiale (1939-1945), suor Teresa Benedetta della Croce giudicò senza esitazioni gli avvenimenti, e intervenne in essi, seguendo la logica di Dio, quella della Croce. In una lettera a madre Giovanna van Weersth, del Carmelo di Beek, in Olanda, scriveva: […] prima è venuto dall’oriente il Bolscevismo, con la lotta contro Dio, poi il Nazionalsocialismo, con la lotta contro la Chiesa. Ma né l’uno né l’altro vincerà. Vincerà alla fine Cristo”. Alla sua priora, nel marzo del 1939, chiedeva di poter offrire la propria vita per la pace: “Cara madre, […] mi permetta di offrirmi […] in sacrificio di espiazione per la vera pace: perché il regno dell’anticristo sprofondi, se possibile senza un nuovo conflitto mondiale, e che un nuovo ordine s’impianti”.

Il 10 maggio 1940 l’esercito tedesco invase il Lussemburgo, il Belgio e l’Olanda. Le Chiese cristiane olandesi, quando iniziarono in Olanda le carcerazioni e le deportazioni di cittadini ebrei, chiesero con insistenza alle autorità tedesche di recedere da tali azioni. L’11 luglio 1942 l’episcopato olandese inoltrò un telegramma di protesta contro la persecuzione degli ebrei; il commissario generale per gli affari con le Chiese rispose comunicando che gli ebrei battezzati prima del 1° gennaio 1941 dovevano essere esclusi dalle deportazioni. In Olanda vivevano più di centomila ebrei e di questi solo una minoranza, circa 700, era costituita da ebrei cattolici; peraltro, nessuna delle comunità cristiane aveva richiesto tale eccezione, come scrisse la carmelitana Maria Amata Neyer, commentando il manoscritto della santa Come giunsi al Carmelo di Colonia: […] per le Chiese si trattava […] di una questione che riguardava tutti, non solo gli ebrei battezzati. Per questo decisero di far leggere, nella domenica del 26 luglio 1942, una lettera pastorale nella quale doveva essere resa pubblica la posizione delle Chiese”. Ma le autorità tedesche intercettarono la lettera pastorale, alla quale era allegato il testo del telegramma dell’11 luglio, e fecero pressione perché non fosse letta dal pulpito; le comunità evangeliche, nonostante alcune perplessità, accettarono, invece i vescovi cattolici non ritennero di poter fare altrettanto. In seguito alla lettura della lettera pastorale e del telegramma venne revocato lo stato di libertà degli ebrei cattolici ed emanato l’ordine di cattura nei loro confronti. Alle cinque pomeridiane del 2 agosto 1942, Edith Stein venne prelevata insieme alla sorella Rosa dal convento, ed una testimone la sentì dire alla sorella: “Vieni, andiamo per il nostro popolo”.

Quel giorno vennero arrestati e deportati 244 ebrei cattolici, come atto di rappresaglia contro l’episcopato olandese. Le sorelle Stein furono condotte all’ufficio distrettuale di Maastricht e di lì al campo di transito di Amersfoort; il 4 agosto vennero prelevate, con altri 95 prigionieri, e trasferite a Westerbork; il 7 agosto furono assegnate ad un trasporto in partenza quel giorno stesso per Auschwitz-Birkenau, che giunse a destinazione due giorni dopo. Non è possibile stabilire con certezza il momento della morte di Edith dopo l’arrivo ad Auschwitz, ma è probabile che sia stata immediatamente destinata alla camera a gas. In ogni caso l’aspetto esemplare della vicenda di Edith Stein sta nell’eroica adesione a una vocazione maturata negli anni che seguono la conversione: far propria la sofferenza del suo popolo d’origine, introducendola nel sacrificio di Cristo attraverso l’offerta della sua stessa vita. Tale adesione non viene meno nel momento in cui diventa vittima della violenza, com’è testimoniato dal messaggio che riesce a inviare dal campo di raccolta di Westerbork alla priora di Echt: “Sono contenta di tutto. Una Scientia crucis si può acquistare solo se la Croce si sente pesare in tutta la sua gravezza. Di questo sono stata convinta fin dal primo momento, e ho detto di cuore: “Ave crux, spes unica””. A ragione dunque Papa Giovanni Paolo II, proclamando la santità di Edith Stein, l’11 ottobre 1998, ne ha fatto memoria come di una “eminente figlia d’Israele e fedele figlia della Chiesa”. In occasione della sua elevazione a compatrona d’Europa il Papa ricorda: “La sua immagine di santità resta per sempre legata al dramma della sua morte violenta”: “Dichiarare oggi Edith Stein compatrona d’Europa significa porre sull’orizzonte del vecchio Continente un vessillo di rispetto, di tolleranza, di accoglienza”, […] ma è necessario far leva […] sui valori autentici, che hanno il loro fondamento nella legge morale universale, inscritta nel cuore di ogni uomo. Un’Europa che scambiasse il valore della tolleranza e del rispetto universale con l’indifferentismo etico e lo scetticismo sui valori irrinunciabili, si aprirebbe alle più rischiose avventure e vedrebbe prima o poi riapparire sotto nuove forme gli spettri più paurosi della sua storia”.

Un pugnetto di cenere e di terra scura passata al fuoco dei forni crematori di Auschwitz: è ciò che oggi rimane di S. Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein; ma in maniera simbolica, perché di lei effettivamente non c’è più nulla. Un ricordo di tutti quegli innocenti sterminati, e furono milioni, nei lager nazisti. Questo piccolo pugno di polvere si trova sotto il pavimento della chiesa parrocchiale di San Michele, a nord di Breslavia, oggi Wroclaw, a pochi passi da quel grigio palazzetto anonimo, in ulica (via) San Michele 38, che fu per tanti anni la casa della famiglia Stein. I luoghi della tormentata giovinezza di Edith, del suo dolore e del suo distacco.  Sulla parete chiara della chiesa, ricostruita dopo la guerra e affidata ai salesiani, c’è un arco in cui vi è inciso il suo nome. Nella cappella, all’inizio della navata sinistra, si alzano due blocchi di marmo bianco: uno ha la forma di un grande libro aperto, a simboleggiare i suoi studi di filosofia; l’altro riproduce un grosso numero di fogli ammucchiati l’uno sopra l’altro, a ricordare i suoi scritti, la sua produzione teologica.

Dagli scritti spirituali di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, Vita, Dottrina, Testi inediti. Roma, pp. 127-130.)

 

«Ti salutiamo, Croce santa, nostra unica speranza!» Così la Chiesa ci fa dire nel tempo di passione dedicato alla contemplazione delle amare sofferenze di Nostro Signore Gesù Cristo.

Il mondo è in fiamme: la lotta tra Cristo e anticristo si è accanita apertamente, perciò se ti decidi per Cristo può esserti chiesto anche il sacrificio della vita.

Contempla il Signore che pende davanti a te sul legno, perché è stato obbediente fino alla morte di Croce. Egli venne nel mondo non per fare la sua volontà, ma quella del Padre. Se vuoi essere la sposa del Crocifisso devi rinunciare totalmente alla tua volontà e non avere altra aspirazione che quella di adempiere la volontà di Dio.

Di fronte a te il Redentore pende dalla Croce spogliato e nudo, perché ha scelto la povertà. Chi vuole seguirlo deve rinunciare ad ogni possesso terreno. Stai davanti al Signore che pende dalla Croce con il cuore squarciato: Egli ha versato il sangue del suo Cuore per guadagnare il tuo cuore. Per poterlo seguire in santa castità, il tuo cuore dev’essere libero da ogni aspirazione terrena; Gesù Crocifisso dev’essere l’oggetto di ogni tua brama, di ogni tuo desiderio, di ogni tuo pensiero.

Il mondo è in fiamme: l’incendio potrebbe appiccarsi anche alla nostra casa, ma al di sopra di tutte le fiamme si erge la Croce che non può essere bruciata. La Croce è la via che dalla terra conduce al cielo. Chi l’abbraccia con fede, amore. speranza viene portato in alto, fino al seno della Trinità.

Il mondo è in fiamme: desideri spegnerle? Contempla la Croce: dal Cuore aperto sgorga il sangue del Redentore, sangue capace di spegnere anche le fiamme dell’inferno. Attraverso la fedele osservanza dei voti rendi il tuo cuore libero e aperto; allora si potranno riversare in esso i flutti dell’amore divino, sì da farlo traboccare e renderlo fecondo fino ai confini della terra.

Attraverso la potenza della Croce puoi essere presente su tutti i luoghi del dolore, dovunque ti porta la tua compassionevole carità, quella carità che attingi dal Cuore divino e che ti rende capace di spargere ovunque il suo preziosissimo sangue per lenire, salvare, redimere.

Gli occhi del Crocifisso ti fissano interrogandoti, interpellandoti. Vuoi stringere di nuovo con ogni serietà l’alleanza con Lui? Quale sarà la tua risposta? “Signore, dove andare? Tu solo hai parole di vita”.

Ave Crux, spes unica!

 

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4 commenti su “Santa Edith Stein”

  1. Che significa dire che E.Stein “condivise la vocazione dei figli d’ Abramo, segnati dal mistero della chiamata e dei doni irreversibili”? Dette da quel Giovanni P.2° che ha parlato , mentendo davanti a Dio, e alla Chiesa, dell’ Alleanza Antica non revocata, e degli Ebrei come nostri “Fratelli Maggiori” (non intendendo certo riferirsi agli Apostoli….), queste parole mi suonano sospette.
    E sinceramente nel momento in cui con la sorella veniva prelevata e portata via, avrei preferito sentirle dire le parole: “Vieni, andiamo incontro al Cristo Signore nel quale si è compiuta la speranza di Israele” , piuttosto che l’esortazione ad “andare per il loro popolo”….
    -A parte poi che delle canonizzazioni di Giovanni Woitila detto papa, non mi può importare niente ( oltretutto l’Edith Stein fu portata a morte per odio al nome ebraico, non a quello cristiano. E quali furono le virtù cristiane eroicamente praticate dalla Stein?); come non m’importa nulla della proclamazione della Stein a compatrona dell’ Europa insieme Santa Caterina da Siena, sempre per bocca dello stesso ….

  2. Carla D'Agostino Ungaretti

    Mi perdoni, gentile amico Bbruno, se non sono del tutto d’accordo con lei. Premesso che autorevoli correnti teologiche ritengono che il popolo ebraico abbia una sua particolare via di salvezza (anche se, probabilmente, meno “diretta” di quella cristiana) dato che Dio non revoca le Sue promesse ma, donandoci il Cristo, le ha portate a compimento (e in questo anche S. Paolo è d’accordo), io credo che con quelle parole, rivolte a sua sorella, la Santa abbia inteso,pregando e perdonando, di condividere in toto il destino di quel suo disgraziato popolo che lei non aveva mai rinnegato ma aveva sempre continuato, giustamente, ad amare, e questo mi sembra un comportamento veramente da Santa. Se penso che oggi c’è chi vorrebbe canonizzare Aldo Moro, che morì maledicendo i politici suoi colleghi che non lo vollero salvare (e mi dispiace che il postulatore della causa appartenga all’ordine domenicano), io vedo tra le due morti una differenza abissale e prego perché il sacrificio di S. Teresa Benedetta della Croce faccia ottenere all’umanità tutti i benfici spirituali di cui ha tanto bisogno.

    1. Signora Carla, il guaio è che quelle che lei chiama “autorevoli correnti teologiche” non hanno in realtà nessuna autorevolezza, perché a privarle di essa c’è tutto il Nuovo Testamento, che perentorio afferma: “In nessun altro [che in Gesù] c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati»(Atti 2). E chi annuncia a tutti, ai Giudei per primi, l’unicità di questa via, sono gli Ebrei veraci, che in Gesù, del loro stesso seme, hanno riconosciuto il Salvatore del quale avevano parlato i Mosè e i Profeti(Gv 5).
      Vie secondarie, riservate o imperfette, sono un non senso.
      . Dio le sue promesse le ha tutte avverate in Gesù. Al popolo dei Giudei la salvezza è data solo nella conversione a Cristo (Rom.5)
      GP2, come tutti i papi del concilio, sono vili marrani, apostati della vera fede, mai papi della vera Chiesa.
      ( e poi mi sia permesso ancora chiedere: quali furono le virtù eroiche cristiane praticate dalla Edith Stein? Perché una morte, per quanto atroce, subìta senza possiblità di scampo, non rientra, in sé, nella pratica di queste virtù! E allora perché non anche la sorella? )

  3. la domanda sottesa, al riguardo, è facilmente intuibile e quindi facciamola apertamente:
    La Edith Stein è ‘santa’ perché santa, o è santa perché ebrea, ed ebrea uccisa? Che l’abbia ‘santificata’ e promossa a protettrice dell’ Europa un papa che stravedeva- in spirtu concilii- per gli ebrei chiamati “fratelli maggiori’, la cui Alleanza con Dio non è stata revocata (dice sempre lui, secundum eundem concilium)’, non fa sospettare una manovra ‘propagandistica’,’politica’, nello spirito dell’abbraccio fraterno con il mondo giudaico?

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