Le conseguenze geo-strategiche del ritiro Usa dalla Siria

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L’annunciato ritiro del contingente americano dalla Siria sta producendo, ancor prima di essersi concretamente realizzato, l’ampio riassetto geo-strategico che era lecito aspettarsi, anche perché lungamente preparato, sia sul piano diplomatico che su quello militare, dalla continua e paziente politica di Mosca.

Attualmente le forze del Presidente siriano Bashar Hafiz al-Asad controllano circa due terzi del Paese e tutte le più importanti città; le Forze democratiche siriane (Sdf), milizia mista curdo-araba egemonizzata dai curdi di Siria, controlla circa un quarto del territorio nazionale e, più specificamente, la parte estremo-orientale, assai poco abitato, ma ricca di gas e di petrolio; il resto è controllato da quel che resta del Califfato (alcune zone desertiche) e dall’opposizione armata sunnita, di fatto insieme di bande, più o meno fortemente islamizzate, ma, comunque, controllate dalla Turchia (alcune zone della parte orientale dell’estremo Nord ed un’area desertica al confine con la Giordania).

Le milizie filo-turche sono egemonizzate dall’Esercito siriano libero, fino ad ora appoggiato dagli Stati Uniti e descritto dalla nostra stampa come «opposizione laica», ma, in realtà, sempre più islamizzato, e dal Fronte al-Nusra, la branca siriana di Al-Qāʿida. Finché il Califfato ha potuto giocare un suo ruolo, Arabia Saudita e Turchia lo hanno sostenuto, appoggiando, però, allo stesso tempo l’opposizione filo-americana al regime; tale appoggio, tuttavia, è sempre stato competitivo, nel senso che ciascuno ha cercato di attrarre queste forze nella propria sfera di influenza. Con la fine del Califfato e con le progressive vittorie politiche e militari del regime di Assad, Riad è stata, di fatto, estromessa dal conflitto siriano e ciò che rimaneva dell’opposizione al regime si è asservito ad Ankara, che lo ha anche rappresentato a livello di diplomazia internazionale, oltre, ovviamente, ad utilizzarlo come il suo amico di lancia nel conflitto.

Discorso a parte vale per le milizie curde ed i loro alleati arabi (Sdf), che controllano, come dicevamo, la parte orientale del Paese. Queste, inizialmente, hanno aderito alla sollevazione, ma si sono ritrovate, progressivamente, sempre più minacciate dai loro “alleati” che dal regime. Tali milizie si sono particolarmente distinte nella lotta al Califfato, anche con atti di vero e proprio eroismo. Questo e l’aperta ostilità della Turchia (e delle sue milizie vassalle) hanno posto i curdi sulla via di un progressivo riavvicinamento con Damasco, tenuto conto anche del fatto che Assad si presenta, in ostilità al fondamentalismo sunnita, come il difensore delle minoranze, religiose e non solo. Se finora i curdi di Siria non sono stati annientati dalla Turchia ed ai suoi alleati, lo si deve alla protezione concessa loro dagli americani, anche per i meriti acquisiti sul campo nella lotta al Califfato. Ma era chiaro a tutti che tale equivoca situazione non sarebbe potuto durare: Washington non avrebbe potuto difendere a lungo i curdi contro la Turchia e le milizie sunnite filo-turche, che, di fatto, sosteneva e foraggiava; in attesa dell’inevitabile, quindi, i curdi hanno avviato un processo che li ha condotti a divenire alleati del regime.

Ecco che una volta annunciato il ritiro Usa, essi hanno esplicitamente richiesto alle forze armate di Damasco di entrare nelle zone da loro controllate e, in maniera particolare, negli avamposti più vicini al confine turco, onde proteggere la popolazione e scoraggiare il previsto attacco delle truppe di Ankara. Ed i soldati di Assad, quando scriviamo, sono già penetrati in alcuni quartieri di Manbij, cittadina all’estremo nord della Siria, poco distante dal confine oltre il quale l’esercito neo-ottomano stava già scaldando i motori per lanciare l’offensiva finale contro gli odiatissimi curdi.

L’esplicito appoggio russo all’operazione siriana lascia sperare che il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan non osi intervenire ancora in quella parte di Siria, almeno fino al vertice dei Capi di Stato di Russia, Turchia ed Iran, chiamati in Russia da Putin a discutere di Siria, in un giorno ancora imprecisato dell’inizio del prossimo anno.

Se l’accordo tra curdi e regime dovesse divenire definitivo, Assad verrebbe a controllare direttamente la quasi totalità del territorio nazionale, rimanendo in mano a forze a lui ostili unicamente le piccole regioni settentrionali di Idlib e di Afrin, oltre ad alcune zone desertiche. Non si potrebbe ancora parlare di fine della guerra civile e di completa pacificazione del Paese, ma ciò renderebbe particolarmente difficoltosa la prosecuzione del conflitto da parte delle milizie sunnite alleate della Turchia e, comunque, qualunque negoziato di pace non potrebbe prescindere dall’implicita precondizione della permanenza al potere dell’attuale Presidente siriano.

Sul piano internazionale, questi sviluppi rafforzano il ruolo della Russia, come garante degli sciiti e dei cristiani in Medio Oriente.

Rafforzato risulta anche il ruolo dell’Iran, che, mantenendo un basso profilo sulla questione siriana, sta gradualmente accrescendo il suo ruolo di potenza regionale, con la creazione di una “mezzaluna sciita”, che va dal Mediterraneo ai monti dell’Afghanistan e che potrebbe comprendere il Libano, qualora l’alleanza tra il Presidente della Repubblica Michel Aoun, generale cristiano ed uno dei più importanti esponenti della comunità maronita, ed Hezbollah riuscisse a sostituire il Primo Ministro Saad Hariri, sunnita e ferocemente anti-siriano, anche perché si sospetta che Damasco sia coinvolta nell’uccisione del padre, con un esponente della comunità sunnita più disponibile all’integrazione del Paese dei cedri nella Grande Siria; tale mezzaluna sciita comprende la Siria, l’Iraq e l’Iran, oltre a controllare le regioni occidentali dell’Afghanistan.

Oltre a ciò bisogna anche considerare che una forte minoranza (si calcola tra il 15 ed il 20%) della popolazione dell’Arabia Saudita sciita e che tale minoranza è concentrata sulla costa del Golfo Persico, dove, secondo alcune fonti, diviene addirittura maggioritaria. Questo, ovviamente, allarma molto le Autorità di Riad, che stanno attuando nei suoi confronti una politica duramente repressiva nei confronti di tale minoranza, nel tentativo di prevenire ogni velleità secessionista.

Nel mondo islamico, la componente sciita, negli ultimi anni, si è andata rafforzando ed oggi rappresenta un importante contraltare rispetto al fondamentalismo sunnita, soprattutto da quando gode della tutela russa.

 

 

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2 commenti su “Le conseguenze geo-strategiche del ritiro Usa dalla Siria”

  1. E’ confortante sapere che La Russia abbia giocato un ruolo determinante nel riportare la Siria alla conquista dei territori assediati. Pensare che l’eroismo dei curdi nel combattere l’Isis possa essere ripagato con un feroce attacco della Turchia è cosa inaccettabile per quella Europa cristiana che mai ha tollerato il calvario del popolo curdo , ( si ricordi l’eroica battaglia per riconquistare Kobane) e ancor più le stragi del popolo siriano che la guerra non l’ha mai cercata nè provocata. Dunque ottima la decisione dei curdi di allearsi al Regime di Assad , il quale , nonostante sia stato considerato dalla propaganda occidentale un despota, è stato l’unico garante delle libertà delle minoranze religiose oltre che dei diritti fondamentali delle donne, libere di muoversi nella società senza imposizioni di sorta e libere di studiare. Nè mai le donne hanno dovuto subire la barbara condanna di una lapidazione come prescritta nella Sharia, quella che oggi l’Europa civile sta per applicare nelle società europee. Una vergognosa sottomissione da parte dei burocrati di Bruxelles alla Elite ‘ che hanno assistito in silenzio al martirio di 500mila siriani e allo straziante dolore di un popolo che grida a Dio Giustizia per i suoi morti e pene per i suoi aguzzini .

    1. Giovanna Bonfili

      Mi unisco al tuo commento, chiaro e incontrovertibile cara giornalista/amica Elena Quidello…Augurio 2019: una Siria riappacificata intorno al valoroso e martoriato popolo Curdo e il ritorno alla pace con il legittimo Presidente….Giovanna Bonfili

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